Il 6 febbraio viene celebrata la Giornata Mondiale contro l’infibulazione femminile.
Da un recente sondaggio, si stima che circa il 27% delle persone non sia a conoscenza in cosa consista questa pratica. Si tratta di una mutilazione genitale femminile, che viene effettuata su ragazzine dai 5 ai 15 anni in alcuni villaggi dell’Africa subsahariana. La definizione di mutilazione genitale femminile è riferita a “tutte quelle procedure che coinvolgono la rimozione parziale o totale degli organi genitali femminili esterni, o di danno agli organi genitali femminili, per ragioni non mediche”.
Questa pratica viene effettuata da una donna che non possiede competenze mediche, spesso la più anziana del villaggio, con strumenti rudimentali in un ambiente, ovviamente, non sterile/asettico e senza anestesia.
Questa procedura può prevedere diverse modalità: dall’asportazione delle piccole labbra, all’escissione del clitoride, alla chiusura mediante sutura delle grandi labbra, fino alla quasi completa chiusura dell’ostio vulvare. In questi ultimi casi viene lasciata solo una piccola apertura per la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale.
Questa pratica, ovviamente, è causa di gravi rischi per la salute fisica e psicologica delle ragazze e non ha alcun beneficio medico.
Ad oggi si contano più di 200 milioni di donne che hanno subito questa tremenda pratica.
È importante ricordare questa giornata e non lasciarla passare in silenzio, poiché ogni tipo di mutilazione genitale è considerata violazione dei diritti delle donne e delle ragazze. La maggior parte delle donne nel mondo, infatti, chiede la fine di queste pratiche violente.